La base processionale, custodita nel Museo della Certosa, costituita da una struttura di legno del peso di circa ottanta chilogrammi, sostenuta da piedi a voluta che si congiungono in alto a elementi fitomorfi a forma di “C”, rivestite di lamine d’argento lavorate a sbalzo, cesellate e bulinate. Al centro, quattro medaglioni, incorniciati da rami di palma di bronzo. Sulle sporgenze degli angoli dell’arredo siedono quattro angeli reggicandelabro realizzati in bronzo dorato e coperti da un perizoma d’argento. Chiamato, volgarmente, “bara”, italianizzazione del termine dialettale “varia” o “vara”, fu eseguito per portare in processione il busto argenteo di san Bruno, con il quale divenne, successivamente, un unicum. Dopo il terremoto del 1783, che aveva distrutto il cinquecentesco convento lasciando, miracolosamente incolumi i monaci, Francesco Taccone di Sitizano (oggi frazione di Cosoleto), questore del Regno di Napoli, lo donò alla Certosa. Le iscrizioni e le raffigurazioni, contenute nei quattro medaglioni che lo ornano, ci offrono, a tal proposito, un quadro preciso degli accadimenti che portarono alla sua realizzazione. La prima scena rappresenta i monaci che, all’interno delle mura turrite della Certosa, ringraziano per lo scampato pericolo la Madonna e san Bruno, apparsi miracolosamente in un nuvolario. Nove anni dopo, nel 1792, Ferdinando IV di Borbone decise di restaurare il convento facendo riparare i danni provocati dal terremoto e reintegrandolo nelle sue funzioni. Il secondo medaglione contiene, infatti, lo stemma della Certosa: il compendio CAR accompagnato nel capo da una crocetta e nella punta da un giglio. Lo scudo マ timbrato da un mantello movente da una corona con cerchio gemmato rialzato di dodici fioroni (sette visibili) e da altrettante vette riunite nel vertice da un globo croci- fero. Le frecce che si vedono ai lati del compendio non hanno, invece, significato araldico. L’iscrizione posta intorno cos“ recita: “Ferdinandi IV providentia Divo Brunone opem ferente Chartusia restituta anno MDCCXCII”. La scena, sbalzata sulla terza faccia, raffigura un monaco, all’esterno delle mura, in atteggiamento di ringraziamento. Accanto a lui, un carpentiere, vicino ad alcune tavole, con il martello in mano, un operaio in atto di riparare le mura turrite e un uomo su una scala a pioli appoggiata alla chiesa conventuale. Sull’ultimo medaglione spicca la dedica del questore Francesco Taccone di Sitizano che fece realizzare l’opera argentea: “Franc Tacconus e Septisani dynastis totius regni quaestor divo Brunoni patrono presentissimo ddd”.. Al centro il suo stemma: Partito semitroncato. Nel primo una fascia accompagnata nel capo da tre stelle di otto raggi disposte una e due e nella punta da due stelle disposte in fascia, nel secondo un’aquila bicipite con volo abbassato coronata sulle due teste, nel terzo undici campane disposte tre, tre, tre, due. Lo scudo è timbrato da una corona con cerchio gemmato, rialzato di otto fioroni (cinque visibili). Fu proprio Francesco Taccone a concretizzare, sul piano economico, la volontà di Ferdinando IV di ricostruire la Certosa. (Domenico Pisani)