La tradizione nulla ci dice intorno alla prima fondazione della Chiesa Matrice. E’ probabile che la primitiva chiesa fu costruita con tavole sullo stesso posto dove sorge quella attuale, essendo i primi abitanti di Serra dediti alla trasformazione ed alla lavorazione del legno. Per quanto riguardo il Titolare della Chiesa, che è San Biagio, Vescovo e Martire, si racconta che degli uomini che venivano a Serra per lavoro, passando dalle montagne della Lacina, videro una chiesetta dedicata a San Biagio, vi tolsero il quadro e lo portarono nell’attuale Chiesa Matrice e per devozione fu dichiarato Patrono. Si cominciano ad avere notizie circa l’esistenza della chiesa madre a partire dal 1668: infatti grazie a due fogli ritrovati nell’archivio sappiamo che la chiesa cominciò ad essere costruita in muratura quando il centro abitato si sviluppò e cominciò ad avere maggiore consistenza economica.
Dal manoscritto de “La Platea di Serra” veniamo a conoscere che, prima del 1783 “la n.ra chiesa era ben costruita di fabrica; e nell’interno mediocremente adornata: sebbene il frontespizio era semplice, e piano con un piccolo finestrone rotondo nel mezzo: Con piccolo Campanile fornito di due sole Campane poste a lato dalla parte sinistra: Senza le due navate laterali e conseguentem.e senza le Cappelle sfondate nelle suddette navate…La Soffitta…era di tavole, piana, e tutta adorna di Bugne con dentro dei rosoni dorati a zecchino=le due navate laterali…furono fatte dal tanto celebre Vicario di allora fu D. Vincenzo Giancotti…prima del suddetto Tremuoto”. La Chiesa Matrice che noi vediamo oggi fu costruita dopo il terremoto, anche con l’aiuto di una somma di 800 ducati stanziati dalla Cassa Sacra. Sopra il portale si può leggere la data della ricostruzione: “ELEGISTI DNE DOMUM ISTAM AD INVO CANDUM NOMEN TUUM ESSET DOMUS ORATIONIS POPULO TUO 30 AUG. 1795 “(“Hai scelto, signore, questa casa per far invocare il tuo nome, perché fosse casa di preghiera per il tuo popolo 30 agosto 1795”). A progettare la chiesa fu chiamato il falegname serrese Mastro Biagio Pelaggi. Ma ai serresi non piacque come la chiesa veniva costruita; allora il Vicario Don Domenico Bava convinse il falegname a mettersi da parte e chiamò Biagio Scaramuzzino: questi fece demolire quello che era stato già costruito e progettò la chiesa con un nuovo disegno. La costruzione fu interrotta quando si arrivò al cornicione. I lavori furono ripresi nel 1814 da Don Bruno Maria Tedeschi (poi arcivescovo), recuperando blocchi di granito dalla distrutta Certosa: si arrivò così a metà della nicchia che dal 1932, su volontà dell’arciprete Don Vincenzo Regio, ospita una statua di marmo bianco del Sacro Cuore. Anche i due angeli (in dialetto serrese chiamati angiluni per la loro mole) posti sulle loggette delle campane furono presi dall’antica Certosa; così come fu presa dalla Certosa e portata in Serra con grande fatica anche la grande campana di San Bruno. La facciata fu completata da Salomone Barillari nel 1869. Sul vertice del timpano, appena sopra il portale, si nota, all’interno di una voluta architettonica, un organo sessuale femminile, simbolo della Madre: la Matrice è infatti il Duomo del paese, madre di tutte le altre chiese.
La Chiesa Matrice anteriore al terremoto aveva al suo interno le seguenti cappelle: S. Anna, S. Antonio di Padova, S. Biagio, SS. Crocifisso, S. Giovanni Battista, S. Giuseppe, S. Maria del Carmine, S. Maria delle Grazie, S. Maria della Neve, Immacolata Concezione, S. Rosario, SS. Sacramento. L’attuale chiesa presenta un interno di tipo basilicale a tre navate. La navata principale è sostenuta da otto archi a tutto sesto e da altrettanti pilastri. Ciascuna delle due navate minori è arricchita da quattro cappelle con relativo altare e statua. Al primo ed al terzo pilastro vi sono quattro statue marmoree provenienti dalla Certosa: Santo Stefano, San Bruno, La Madonna con Bambino e San Giovanni Battista. Al secondo pilastro di sinistra si può ammirare un pergamo ligneo eseguito dall’intagliatore serrese “Patacchella”, di cui non si conosce il vero nome, su disegno e sotto la direzione del nipote Biagio Scaramuzzino. Nella navata sinistra spicca, nella prima cappella, una statua lignea raffigurante San Giuseppe eseguito nel XIX secolo dall’artigiano Vincenzo Zaffino, che ricalca negli svolazzi del mantello e nell’impostazione del corpo le statue barocche di discendenza berniana. A sinistra è da notare una bella statua lignea raffigurante San Pasquale Baylon opera dello scultore serrese Vincenzo Scrivo. Nella seconda cappella di sinistra il Crocifisso di Antonio Scrivo spicca per l’eccezionale realismo plastico che evidenzia in modo particolare l’intaglio dei lembi della pelle sollevati intorno alle piaghe. A destra si può vedere un’altra statua, San Francesco d’Assisi scolpito a Lucca nel XVIII secolo.
Nella cappella successiva l’Immacolata di Antonio Scrivo, il San Nicola di Michele Amato e un San Camillo pure di bottega serrese. Nell’ultima cappella della navata sotto lo stemma vescovile di Monsignor Peronacci, una statua scolpita a Lucca nel XVIII secolo: San Biagio, titolare della chiesa e protettore di Serra San Bruno. Attraverso la porta di legno in fondo alla navata si accede alla sagrestia dove si possono ammirare gli armadi lignei eseguiti nel XIX secolo da Domenico e Francesco Rossi detti “del Porcelluzzo”, da Domenico Rossi “di Anna” e da Raffaele Barillari su commissione dell’arciprete Bruno Maria Tedeschi. Nella navata di destra, invece, la prima cappella è dedicata a San Francesco di Paola la cui statua è stata realizzata da Raffaele Regio. Nella seconda, dedicata alla Madonna del Rosario scolpita a Lucca nel XVIII secolo, spicca anche un bel quadro eseguito dal serrese Venanzio Pisani. Sul lato sinistro dell’altare in una nicchia è collocato un gruppo ligneo raffigurante Tobiolo e l’Arcangelo Raffaele opera di bottega serrese. Nella terza cappella un’altra bella opera di Vincenzo Scrivo, la Madonna del Carmine. Nell’ultima, invece, l’altare fatto erigere dall’arcivescovo di Rossano Bruno Maria Tedescbi, di cui si può notare lo stemma sul timpano, conserva un’immagine lignea settecentesca di San Bruno a mezzo busto. In fondo alla navata il Sancta Sanctorum conserva all’interno di una struttura bronzea settecentesca il grande reliquiario dell’XI secolo. Al centro del presbiterio si eleva l’altare maggiore; l’antica custodia di marmo posta su di esso (quella che i serresi chiamano “cappellone”) fu distrutta in parte dal terremoto del 1783, in parte andò sempre più deteriorandosi a causa dei continui “apparati” che vi si appoggiavano. Nel 1847 il procuratore del SS. Sacramento, Don Giuseppe Salerno, fece demolire l’antica custodia per costruirne una nuova. Ma la nuova custodia non piacque ai fedeli così si decise di demolire il tutto e di farne un’altra. Nel 1870 il procuratore Don Vincenzo Giancotti comprò i marmi del terremotato convento di Soriano e ne affidò il lavoro ai fratelli (serresi) Drago: Domenico, Giuseppe e Vincenzo. L’opera fu poi definitivamente completata dal procuratore Don Giuseppe Barillari, che fece sistemare il tabernacolo in marmo bianco eseguito dai fratelli Alfonso e Giuseppe Scrivo (1878). Il canonico Don Anselmo Tedeschi fece in marmo il pavimento del presbiterio, i gradini della balaustra e i gradini dell’altare. L’altare fu consacrato nel 1885 dal vescovo di Squillace Monsignor Raffaele Morisciano. Nel coro sono conservati due grandi quadri, provenienti dalla Certosa, raffiguranti il primo il Martirio di Santo Stefano ed il secondo il Concilio dei Monaci Certosini; vi è poi una tela raffigurante l’Ultima Cena opera del serrese Stefano Pisani.